giovedì 1 dicembre 2016

Come produrre energia dagli scarti della birra: pellet e biochar

Gli scarti della produzione della birra possono contribuire a "salvare" il pianeta dai cambiamenti climatici: lieviti esausti, acque di processo, trebbie e altri scarti di lavorazione possono essere infatti riutilizzati per produrre pellet e carbone vegetale, il c.d. biochar, sulla base delle procedure a sostegno della teoria sulla sostenibilità circolare dell'intera filiera brassicola.





Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) nell’ambito delle attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra, pari circa al 90% delle materie prime utilizzate.

In primo luogo, dal punto di vista energetico, sono proprio le trebbie, una volta essiccate, a poter divenire pellet per la produzione di calore da impiegare nuovamente nel ciclo produttivo della birra: i ricercatori del Crea hanno sottoposto campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, notevolmente ridotto rispetto ai combustibili tradizionali, evidenziando alti contenuti di carbonio e idrogeno adatti per l’impiego nei microbirrifici.
Tale modello di trasformazione consente anche di contenere i costi derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto (equivalente a 160 h/anno di utilizzo).

Ulteriori test hanno inoltre permesso di verificare la possibilità di produrre biochar, un carbone vegetale, a partire da trebbie disidratate e da pellet ricavato a sua volta dalle trebbie, attraverso un processo c.d. zero waste. Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2.
Il biochar, pertanto, risulta carbon negative, in grado cioè di sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia: le prove effettuate dai ricercatori del Crea hanno dimostrato, ad esempio, come ad 1 kg di biochar prodotto corrispondano 3 kg di CO2 sottratti all'atmosfera.
Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi negoziati internazionali di Marrakech sui cambiamenti climatici, meglio conosciuti come Cop22, come misura strategica di mitigazione del cambiamento climatico.

Ennesima dimostrazione questa di come la birra sia, a tutti gli effetti, un prodotto totalmente ecocompatibile in grado di recuperare quanta più materia prima possibile, per il bene nostro e del nostro pianeta.

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