In altre occasioni abbiamo parlato di come gli scarti di produzione della birra possano contribuire allo sviluppo di moderne tecnologie ad impatto ambientale zero.
In questa direzione dobbiamo inquadrare un recente studio promosso dai ricercatori della Colorado Boulder University, e pubblicato in Italia dal sito Lifegate, i quali hanno scoperto come sia possibile costruire batterie per automobili economiche ed
ecologiche.
In un
contesto di economia circolare ogni prodotto nasce dalla
trasformazione di qualcosa che ha cessato di adempiere ai propri
compiti originari per tornare a nuova vita. Un processo che ha affascinato gli studiosi
statunitensi alla
ricerca di soluzioni innovative e sostenibili per la
realizzazione di batterie al litio destinate alle autovetture.
Gli accumulatori
di energia che alimentano i motori a zero emissioni delle
auto elettriche e ibride, cardini della c.d. mobilità alternativa, richiedono ingenti investimenti in fase costruttiva e portano con sé
il sempre più affannoso problema del loro smaltimento una volta giunti
a fine vita. Nodi cruciali ai quali i ricercatori americani hanno
tentato di dare soluzione ricorrendo ai rifiuti della
lavorazione della birra: grazie ai residui dei cereali è
infatti possibile creare elettrodi per le batterie al litio, sfruttandoli quale biomassa per la coltivazione della
Neurospora Crassa, un fungo ritenuto un eccezionale conduttore
naturale d'energia.
(Neurospora Crassa al microscopio)
Complice la ricchezza di zuccheri negli scarti provenienti dai
birrifici, ideali per coltivare muffe e funghi, la Neurospora Crassa trova un habitat idoneo alla sua crescita, fornendo così materiale
grezzo a basso costo con il quale produrre gli elettrodi degli
accumulatori. Un processo che, una volta industrializzato, può
portare ad un ottimale smaltimento dei rifiuti dell’industria
della birra, incluse le acque reflue, ad una riduzione dei
costi di realizzazione delle celle al litio e, al tempo stesso, ad un minore impatto ambientale.
La Colorado Boulder University crede profondamente nel
progetto, tanto da aver costituito il RASEI: renewable and sustainable energy institute per sviluppare,
produrre e commercializzare i primi elettrodi derivanti dalla birra che rivoluzionerebbero gli attuali concetti con cui definiamo oggi la c.d. mobilità elettrica.
Lo
studio ha condotto a risultati soddisfacenti, tanto da meritare
una trattazione approfondita da parte della American Chemical
Society, associazione professionale statunitense attiva nel settore
della ricerca chimica, i cui portavoce sostengono che se il
processo produttivo fosse applicato su larga scala, le case
automobilistiche avrebbero accesso ad un’eccezionale risorsa
per l’incubazione di componenti tecnologici avanzati per le
batterie.
La strada verso la mobilità alternativa passa
anche attraverso… una pinta di birra!
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