venerdì 31 marzo 2017

L'economia del cittadino in villa, di Vincenzo Tanara

Il lavoro dell’homebrewer si svolge in un susseguirsi di continue e precisissime azioni da eseguire con la massima attenzione: temperature, grado plato, ibu, ph, indice di rifrazione, srm, peso degli ingredienti richiedono una miriade di tempistiche da rispettare in tutte le fasi della produzione.
Ma non è sempre stato così: in epoca antica, infatti, si doveva per forza ricorrere a metodi empirici, che implicavano imprecise approssimazioni, spesso anche usando parti del corpo come strumenti di misurazione.




Nella prima metà del Seicento, Bologna conobbe un personaggio piuttosto eclettico, il marchese Vincenzo Tanara, prima militare e poi magistrato con la passione per la scrittura. La sua opera principale è intitolata L’economia del cittadino in villa, pubblicata nel 1644 e ristampata una decina di volte, facendone un vero e proprio bestseller dell'epoca.
Questo libro racconta le attività agricole e di fattoria del periodo: dalla vita nei campi alla conoscenza e lavorazione delle materie prime della terra, fino ad arrivare alla produzione degli alimenti; tra il paragrafo sulla “Qualità dell’acqua buona” e quello sul “Sorbetto alla maniera spagnola”, troviamo probabilmente il più antico prontuario dedicato alla birrificazione casalinga: due pagine su come fare la birra in casa.




Il procedimento è descritto con linguaggio molto colorito, ma al tempo stesso corretto e completo di tutte le fasi, sebbene ci siano errori che saranno poi corretti dalle scoperte scientifiche dei secoli successivi.

Si parte dalla descrizione del procedimento per fare una maltazione casalinga: i grani bagnati per ventiquattro ore e sistemati a forma di monte finché il principio della putrefazione li farà crepare e germogliare. Quasi ogni tipo di cereale va bene per fare la Birra detta ancor Ceruosa, ma i preferiti sono orzo e frumento. È durante questa primissima fase che, secondo il Tanara, si manifesta il principio della fermentazione, a cui deve seguire l’asciugatura perché quando i chicchi saranno ben aridi sarà più facile spezzarli per ricavarne una mezza farina.
Anche le fasi della bollitura vengono riportate nei particolari che, come abbiamo già detto, non prevedono l’uso degli strumenti di misurazione moderni, dunque il tutto viene compiuto in maniera vaga e approssimativa. Per regolare la temperatura del mosto nelle varie fasi, si deve percepire un caldo che appena ci si possano tenere le mani dentro, e ancora aspetta che si raffreddi finché diventerà caldo come l’urina umana. Per ottenere una mistura ben amalgamata bisogna maneggiare assaissimo finché diventi come latte.
Seguono le fasi del filtraggio, con una descrizione dettagliata degli strumenti da usare, e della seconda bollitura del mosto una volta separata la parte grossa con l’aggiunta di onze sedici di fiori di luppoli per ogni corba di materia.
Completato il procedimento, la birra viene tolta dalla caldaia sul fuoco e versata in un tino, e qui vi si mischia dopo aver lasciato riposare circa tre ore una libbra di lievito, che farà bollire due o tre giorni, prima di poterla imbottare.

La descrizione del Tanara si conclude con un'ode alla birra, bevanda dorata di vari gusti frutto dell'umano ingegno:


"Non son Vino di nome, lo son di fatti.
Perchè fò, come il Vin gl' huomini matti"


Tratto da: L'economia del cittadino in villa.




(articolo pubblicato sul portale Giornale della Birra a questo link)

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